Oggi, ho voglia di raccontare qualcosa di personale. Non parerò in maniera specifica di un libro. Ho il desiderio di trasformare in parole quello che è una bellissima esperienza, un viaggio: LA STORIA DI UNA LETTURA CONDIVISA, quella tra me e il mio bambino.
Io e mio figlio abbiamo un legame fortissimo e posso affermare che una parte di esso, ha preso forma anche attraverso preziosissimi momenti in cui abbiamo letto insieme. Col passare del tempo, abbiamo imparato a condividere anche i libri (intesi come oggetti), a scambiarci opinioni, entusiasmi e delusioni davanti a storie che ci hanno appassionato molto, oppure per niente.
Non è passata un’eternità: otto anni cosa sono messi a confronto con la storia dell’umanità? Eppure in questo arco di tempo ho visto sbocciare mio figlio come lettore e tutto è avvenuto con un processo lento, naturale e spontaneo. Il semino (ho sempre avuto una fissa per queste metafore botaniche, che ho spesso riservato nei miei progetti a tema!) è stato messo un po’ ingenuamente e seguendo l’istinto di mamma. Seguivo da tempo il programma Nati per Leggere (di cui ora faccio parte da un po’) e avevo provato a mettere in pratica i consigli, senza avere troppe aspettative. Complice una gravidanza passata quasi totalmente a casa, ho iniziato a parlare con lui per farci “compagnia”, ho iniziato a cantargli qualche canzone, a chiamarlo per nome e a leggere per lui. All’inizio mi sentivo un pochino stupida, mi sembrava strano leggere una fiaba a un bambino che stava in pancia, ma quei calcetti e quelle scosse che sentivo, iniziavano ad avere un grande significato ed erano magiche.
I giorni che hanno seguito immediatamente la nascita, sono stati un incubo. Sono stati momenti di felicità e amore indescrivibile, ma altrettanto intensi sono stati la fatica, il senso di smarrimento e il bisogno di aiuto. Per i primi mesi, non riuscivo quasi più nemmeno a leggere da sola, per me stessa. La tempesta poi, lentamente, si è placata e costruendo il nuovo equilibrio in famiglia, abbiamo iniziato a sperimentare. Nei nostri lunghi pomeriggi, abbiamo iniziato ad esplorare filastrocche, libretti cartonati. Non ricordo con precisione quando è stato il momento esatto in cui è “sbocciato l’amore”: ma nella mia testa rivedo in maniera vivida quelle manine piccolissime, avide di infilarsi nei buchi delle pagine di “Brucoverde”, lo stupore in quegli occhietti spalancati, i versetti entusiasti mentre leggevo ad alta voce e, soprattutto, le coccole, il profumo della sua testolina mentre le parole scorrevano come in un fiume placido.
Mano a mano che mio figlio cresceva, più la sua bibliotechina si arricchiva, perché notavo che tra tutte le attività, i nostri momenti di lettura, erano quelli che più ci davano soddisfazione e ben presto, i libretti cartonati, hanno iniziato a seguirci come fedeli compagni alle visite mediche, nelle sale d’attesa, nei rari momenti in cui andavamo tutti insieme al ristorante.
Poco dopo, tra l’anno e i due anni, è arrivato il momento “ossessione”: quello in cui il mio bambino non voleva altro che farsi leggere sempre gli stessi titoli, tra cui “Il piccolissimo bruco mai sazio” e “gnam gnam”. Li abbiamo ancora quei libretti: consumati e vissuti, ormai un ricordo prezioso. Mio figlio fino ai 2 anni e mezzo, praticamente non ha parlato. Diceva solo tre parole: “mamma”, “no” e “uovo”. Si: “uovo”. Nessuno di noi capiva perché ripetesse così spesso “uovo” e non ci fosse proprio speranza di sentire altre parole come “papà”, “nonna”, “acqua”. Pensavamo “Beh in fondo gli piace molto mangiare le uova, forse sarà per questo…”. La risposta l’ho avuta un po’ di tempo fa e quando è arrivata ho sentito un fulmine attraversarmi. Ho pianto. Un giorno, mio figlio mi stava chiedendo come fosse quando era molto piccolo. Mi ha chiesto quale fosse stata la sua prima parola e io gli ho risposto, raccontando anche la buffa questione della parola “uovo”. Lui mi ha sorriso e come se mi stesse dicendo la cosa più ovvia del mondo mi ha detto “ma mamma! Dicevo sempre UOVO perché mi leggevi sempre il libro del bruchino, te lo ricordi? Perché all’inizio della storia è solo un piccolo uovo sulla foglia”. Non ci credevo. Mi sembrava una cosa così surreale, eppure che motivo avrebbe avuto di inventarsi una cosa del genere? Lui ricordava tutto. Ricordava quanto ha amato quel libro. E’ stato incredibile.
Proseguendo con la crescita e con la mia passione, la biblioteca di casa ha iniziato poi sempre di più a ingrandirsi e, di pari passo, sono aumentate le complessità e le tematiche dei libri che leggevamo insieme. Ci siamo affezionati a tantissimi personaggi, abbiamo riso tantissimo, a volte io mi sono un po’ commossa, ma soprattutto abbiamo costruito insieme tantissimi ricordi, attraverso le pagine. Ricordi preziosi che spero ci accompagneranno a lungo, insieme alla valigia piena di immaginazione che li segue.
Il mio bimbo ha poi fatto il grande salto. Finita la scuola materna, ha iniziato a frequentare la primaria. Durante l’ultimo anno di materna, ha iniziato a interessarsi spontaneamente a libri più complessi rispetto agli albi illustrati e in estate, ci siamo coccolati tantissimo con Gianni Rodari e altri brevi racconti di diversi autori. Quello è stato un grande passaggio: senza mai smettere di apprezzare gli albi illustrati, ha iniziato a mantenere una concentrazione abbastanza alta da poter godere di storie e libri molto più lunghi. All’inizio ne ero un po’ “spaventata”: mi sembrava presto e io non volevo forzare la mano, ma il suo desiderio di “ascoltare” era troppo forte per non assecondarlo.
Con il primo anno, mio figlio ha iniziato a leggere in maniera autonoma. Io non ero più “fondamentale” tecnicamente, ma non abbiamo mai abbandonato il piacere di leggere insieme. Abbiamo proseguito con la le letture condivise e piano, piano, lui le ha alternate ad altre modalità in cui leggeva completamente da solo. Ora la sera devo dirgli più volte di spegnere la luce e smettere di leggere per non fare tardi!
Tutto il racconto che vi ho fatto fino ad ora, non l’ho vissuto con la stessa lucidità. Ogni tappa, non è arrivata accompagnata da una notifica. Non abbiamo rincorso degli obiettivi. Tutto questo è arrivato in maniera spontanea, semplicemente ci siamo lasciato trasportare dalla corrente degli eventi. C’è una cosa però che mi ha fatto pensare “oddio, ma come ci siamo arrivati fino a qui?”: il fatto che questa settimana abbiamo finito di leggere insieme “Harry Potter e il prigioniero di Azkaban”, il terzo volume della saga. Nella mia testa, mio figlio, ha iniziato a camminare da solo tipo due mesi fa. “Seh lallero”. Mi rendo conto che non è “esattamente” così: ha quasi otto anni e fa e dice cose da bambini della sua età. Il mio inconscio mi dice “carissima, vedi un po’ che non è più così piccolo!”. C’è chi prende coscienza del passare del tempo attraverso le fotografie, chi attraverso una maglietta diventata troppo piccola, chi attraverso un risultato sportivo o un giocattolo consumato lasciato in fondo a un cassetto. Io l’ho realizzato ripensando alle nostre letture. Ma l’ho realizzato di punto in bianco perché non ho mai tenuto un elenco delle letture fatte come se fossero delle tappe da spuntare.
Quindi, posso dire che questa storia, fino ad ora mi è piaciuta molto. E’ stata intensa e bellissima. Mi rendo conto che non sarà eterna e non durerà ancora per molto; sarà mio figlio a decidere quando sarà stufo di sentire la mia voce leggere per lui, ma potrò sempre dire di averlo fatto con tutto l’amore che ho. Leggete. Leggete con i vostri bambini. E’ un regalo immenso che potete fare a loro e a voi.
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