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“L’ISOLA DELLE OMBRE” e i luoghi comuni sugli albi illustrati.

 Si sta avvicinando la "giornata mondiale della terra", prevista per il 22 aprile; una giornata per celebrare il nostro pianeta e sensibilizzare su tematiche come l'ambiente e la salvaguardia degli ecosistemi. Ho pensato quindi di riproporre la mia recensione per "L'Isola delle Ombre" di Davide Calì e Claudia Palmarucci. La recensione è apparsa in precedenza su "L'Orto dei libri" ed è consultabile anche sul sito dell'editore Orecchio Acerbo (www.orecchioacerbo.com). Buona lettura!



"Questa mattina, ero partita bella carica, con la voglia di fare una bella recensione (o qualcosa del genere…). Purtroppo, dopo aver passato un bel po’ di tempo davanti al pc e dopo aver scritto PARECCHIO su questo libro, il mio post è svanito nel nulla, nell’oblio: ironia della sorte, proprio uni dei temi fondamentali intorno a cui gira questo albo.

Magari non sarà una recensione canonica, ma in qualche modo mi piacerebbe parlarne un po’, ecco. Sicuramente ormai una buona parte di quello che avevo scritto e pensato, non me lo ricordo più, ma insomma proviamoci.

Spesso, ahimè davvero molto spesso, vado a sbattere contro quello che è uno dei luoghi comuni sugli albi illustrati: “sono solo libri per bambini”, “sono frivoli e sciocchi, spensierati!”. Questo stigma è duro a morire, ma questo libro è decisamente in grado di demolirlo.

Stiamo parlando di “L’isola delle ombre” di Davide Calì, con le illustrazioni di Claudia Palmarucci, edito da Orecchio Acerbo nel 2021.

Prima, dicevo che spesso, si considera la letteratura per ragazzi come “di serie B”; si fa l’equazione libro illustrato=poche parole e tanti disegni. “Ci sono le figure”, quindi si pensa a qualcosa di semplice lettura. Errore. Grandissimo errore. “L’isola delle ombre” non è una lettura facile e non è nemmeno un libro PER bambini o meglio, è un libro PER TUTTI e quindi ANCHE per bambini. I temi, sono tutt’altro che leggeri; si parla di incubi, tormenti, vita dopo la morte, oblio ed estinzione.

L’albo si apre con delle bellissime tavole della Palmarucci, in stile retrò, dove ci vengono presentati diversi animali estinti o a rischio di estinzione. La narrazione comincia con la presentazione del Dottor Wallaby (un Wallaby per l’appunto) che si occupa di sogni, brutti sogni, a dirla tutta veri e propri incubi molto inquietanti. Lo specialista, è affiancato da un fido assistente, Sirio, un dingo che adora dare la caccia ai brutti sogni per poi poterli sgranocchiare. Per poter scovare e acchiappare gli incubi, il Dottor Wallaby fa affidamento su un manuale in cui vengono illustrate minuziosamente delle trappole specifiche per ogni tipo di sogno (nella realtà si tratta di rappresentazioni di vere trappole per animali).

Un giorno dal Dottor Wallaby si presenta un Tilacino, che è tormentato da un sogno ricorrente. Questo incubo però è davvero strano, di un tipo mai visto prima. Infatti non ci sono mostri, creature angoscianti o altre cose: non c’è proprio niente. C’è “qualcosa di vuoto e sordo, profondo e immobile”: IL NULLA. L’oblio. La fine dell’esistenza. Infatti il tilacino non esiste più: è un animale estinto!



Il tilacino, essendo un fantasma, viene quindi portato sull’Isola delle Ombre “dove abitano le anime degli animali che non ci sono più” (e qui, possiamo vedere una bellissima citazione artistica della Palmarucci a “L’Isola dei Morti” di Arnold Bocklin). Qui l’animale si pone una domanda apparentemente banale: “Ma un giorno torneranno?”. La risposta è ovviamente vaga: “chissà”, lasciandoci in balia dei quesiti che l’umanità si pone da sempre. Che cosa ci attende dopo la fine dell’esistenza?



Il libro si conclude con una citazione di Stefano Benni e un’altra generosa serie di tavole riguardanti gli animali estinti.

Come dicevo, non è un albo semplice. E’ una lettura che va vista da punti di vista diversi e che si presta a vari livelli di interpretazione, comprese le illustrazioni che contengono numerose citazioni ad artisti del passato: oltre a Bocklin, abbiamo anche Bosch, Paolo Uccello, Fussli, Gustave Dorè…

La prima volta che l’ho letto, sono rimasta con un sentimento misto tra la tristezza e l’angoscia, ma a una seconda lettura, ci ho visto altro, una semplice consapevolezza. Quando avevo preso il libro, circa un anno fa, mio figlio aveva 5 anni e pensavo che per lui fosse una lettura prematura. Temevo che le atmosfere cupe e terrificanti, lo avrebbero scosso. Mi sono dovuta ricredere: dopo numerose sue insistenze, lo abbiamo letto insieme. Io ero pronta a interrompere la lettura velocemente, invece, gli è piaciuto; e ho capito perché. Con molta arroganza pensavo di conoscere meglio di lui le sue reazioni e i suoi gusti. Invece. Invece, invece, invece: un bambino lettore è perfettamente capace di cogliere quello che più desidera da un albo, anche quando si tratta di un libro come questo. La chiave è che lui ci ha visto soprattutto la parte che riguarda gli animali estinti. Non ha lasciato troppo spazio all’angoscia. Forse perché è ancora un bambino e per certe domande dentro di lui (che ha comunque iniziato a fare…) c’è ancora tempo. Temevo potesse avere paura di alcuni passaggi, ma dove io ci ho visto creature terrificanti, lui ci ha visto mostri buffi e bizzarri. Insomma, ho imparato che la direzione che ci può far prendere un libro, dipende soprattutto da chi lo sta leggendo e che la destinazione di arrivo può essere spesso diversa."

Recensione di Alice Maggini per L’Orto dei Libri



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