Quella dei “treni della felicità”, è una storia rimasta
sconosciuta ad alcuni, eppure è stata un pezzo importante della nostra identità.
Subito dopo la fine della seconda Guerra Mondiale in Italia,
a partire dal 1945-46, la allora neonata Unione Donne Italiane, riuscì a dare
vita a una rete di solidarietà che permise a 70 mila bambini di età compresa
tra i 6 e i 12 anni, di sfuggire alla fame e alla povertà che la guerra aveva
portato in Sud Italia. Questi bambini venivano accolti da altre famiglie del
Nord Italia, ospitati in circa cinquanta Comuni diversi. I viaggi di questi
bambini, vennero portati avanti circa fino al 1952.
Come si può immaginare, questa è una storia di grandissima
solidarietà e di speranza, ma allo stesso tempo l’ho trovata profondamente
toccante e lacerante. Chissà quanta paura, quanto smarrimento, ma allo stesso
tempo quanto conforto e spensieratezza hanno provato questi bambini? Bambini che
avevano già dovuto vivere gli anni della guerra e che non avevano in mano gli
strumenti necessari a capire.
“Tre in tutto” di Davide Calì, con le illustrazioni di
Isabella Labate (Orecchio Acerbo 2018) ci racconta questa storia, raccontata
direttamente dalla voce di chi su quel treno della felicità, ci è salito.
Le illustrazioni seppiate di Isabella Labate, ci
accompagnano nella narrazione con grande realismo e taglio cinematografico,
facendoci respirare a pieno le atmosfere dell’Italia degli anni Cinquanta.
Quando ho sfogliato il libro le primissime volte, mi è parso di rivedere le
fotografie dei miei genitori e dei miei zii di quando erano bambini: ho ritrovatogli
gli stessi pantaloncini corti, gli stessi ragazzini vestiti “a festa” per le
occasioni speciali. Ho visto la tavola apparecchiata come a casa dei miei nonni;
ho ritrovato qualcosa di molto familiare nei volti delle donne. Forse ci ho
rivisto la stessa fierezza e dolcezza che avevo visto tante volte nel volto e
nei gesti delle mie nonne, che sono appartenute alla stessa generazione di
straordinarie donne che, per un periodo della vita di questi ragazzini, sono
diventate delle “seconde mamme”.
In questo albo, vivremo con gli occhi di questi ragazzini lo smarrimento e la paura iniziali, alimentati dal prete che racconta che” in alta Italia i comunisti mangiavano i bambini. Oppure ci facevano il sapone”. I bambini però, partono lo stesso e via, via che il treno avanza e macina i km, via via i timori lasciano lo spazio allo stupore: il paesaggio cambio, il mare scompare e appare la pianura, vedono la neve per la prima volta e, finalmente arrivano. Dopo un’iniziale terrore al pensiero che gli avvertimenti del prete avessero un fondamento, arrivano la felicità e la spensieratezza: i pranzi con i tortellini fati in casa, la prima cioccolata calda della vita, i vestiti nuovi e puliti, i giochi nei campi.
Arriva il giorno in cui è ora di tornare dalle proprie famiglie. Nessuno vuole ripartire. Salutarsi è straziante, ma inevitabile e ai bambini, resteranno ricordi indelebili, soprannomi e un affetto per le “mamme dell’ alta Italia”, che durerà per tutta la vita.
Ogni volta che arrivo alla fine di questo albo, ho gli occhi
gonfi e un paio di lacrime mi bagnano il viso. Non riesco a restare
indifferente davanti a questo libro, alla delicatezza e all’intensità con cui è
raccontata con le parole e le immagini. Mi commuovo ed è bello che sia così.
“Tre in tutto” è un libro che arriva in profondità, che con
grande eleganza e sensibilità, documenta e racconta una parte della storia che
non viene raccontata spesso sui libri, che è solo un piccolissimo pezzo della
grande Storia, quella con la S maiuscola, ma non per questo merita di finire
nell’oblio.
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